Lorenzo di Giovanni, detto Lorenzo Monaco perché divenuto frate camaldolese in Santa Maria degli Angeli a Firenze, realizzò questo trittico in una fase matura della sua attività artistica: rispetto al tratto nervoso e lineare che caratterizza molte sue opere, con figure evanescenti, dagli irrealistici panneggi, qui l’artista mostra invece un addolcimento delle linee delle figure, un chiaroscuro più morbido, una visione più contemplativa. La raffinata rappresentazione non indugia sulla descrizione degli elementi decorativi per non distrarre il fedele dal messaggio che deve trasmettere.
La dolcissima Madonna, in posa frontale ma non statica, presenta ai fedeli il Bambino, in piedi e in atto di benedire, mentre si dichiara - nel rotolo che regge con la mano sinistra - Via, Verità e Vita (Gv 14,6), unica strada per la salvezza. La mela che la Vergine, nuova Eva, tiene in mano, sul grembo, è sia un richiamo al peccato originale - dal quale però lei è preservata – sia un simbolo di redenzione sulla via di Cristo, che ha preso su di sé il peccato del mondo. Una via di gloria, ma anche di sofferenza e martirio, come suggeriscono, insieme al Crocifisso retto da san Giovanni Gualberto, le due giovani sante martiri, Caterina di Alessandria e Agata, mentre il prologo della regola benedettina, trascritto nel libro retto ben in vista da San Benedetto, fondatore dell’ordine, incita a partecipare con la pazienza alle sofferenze di Cristo.
Il dipinto fu acquistato dal Comune di Prato nel 1870 dal Collegio Cicognini, con la tradizionale indicazione di originaria provenienza dal monastero olivetano di San Bartolomeo alle Sacca. Negli ultimi anni invece, vista la mancanza di documenti di archivio a sostenere questa ipotesi, secondo alcuni studiosi la provenienza del trittico andrebbe cercata piuttosto fra i monasteri vallombrosani, come indicherebbe la presenza di san Giovanni Gualberto.