Formatosi con tutta probabilità presso la bottega di Andrea della Robbia, intorno al 1480 il Buglioni aprì, in concorrenza col maestro, una propria bottega a Firenze, ottenendo un buon successo soprattutto con la riproduzione di maioliche destinate alla devozione domestica, facendo uso di modelli tratti, con poche modifiche, dai maggiori scultori del tempo: Antonio Rossellino, Benedetto da Maiano, ma soprattutto Verrocchio. Insieme a una produzione più seriale Benedetto Buglioni realizzò opere importanti, specialmente per committenze non fiorentine, operando a Perugia, Bolsena, Fiesole o Pistoia.
Come in molte altre sue maioliche, qui il Buglioni inserì dietro la Vergine due rami di gigli, tipico attributo mariano, oltre a due vivaci cherubini e alla colomba dello Spirito Santo – aggiunta, quest’ultima, tratta dalle composizioni di Luca della Robbia. Le vesti della Madonna mostrano un plasticismo morbido e sciolto, col velo fissato sui capelli che svolazza dietro la spalla. Il bambino ricciuto e vivace, presentato nudo e in piedi su un cuscino, stringe in una mano un uccellino, probabilmente un cardellino, e nell’altra il globo.
La terracotta invetriata giunse nel 1871 al Comune di Prato grazie al legato testamentario di Paolo Vanni, proprio come la splendida terracotta ormai attribuita a Donatello ed esposta in questa medesima sala.