L’affresco staccato con la Madonna col Bambino, benché appaia frammentario e assai consunto, ancora affascina per l’intensità con cui è tratteggiato il volto della Vergine, dall’espressione malinconica quasi presagisse il destino del Bambino che tiene in braccio, e per il ritmo elegante delle linee flessuose che caratterizza tutta la composizione. Data la grande raffinatezza, l’opera è attribuibile alla fase tarda dell’attività di Agnolo Gaddi, quando cioè la sua tavolozza cromatica più “tenera” si apriva alle tendenze del cosiddetto gotico internazionale. È databile al periodo in cui egli eseguiva lo splendido ciclo di affreschi per la Cappella della sacra Cintola in Duomo, e costituisce una delle sue prove più riuscite.
La Vergine dal volto serio sostiene il Bambino, benedicente, che regge in mano un cardellino, simbolo della Passione che lo attenderà: esiste infatti una tradizione secondo cui un cardellino si sarebbe macchiato del sangue di Cristo per togliergli dalla fronte una spina della corona, durante la sua salita al Calvario prima della crocifissione.
Questa pittura era stata realizzata su un precedente affresco con lo stesso soggetto, in un locale che doveva costituire la canonica dell’antica chiesa di San Donato, che si trovava di fianco al Palazzo Pretorio. Dopo la demolizione della chiesa, nel 1825-1829 fu eretto al suo posto il cosiddetto Palazzo delle Scuole o Palazzo Valentini, dal nome del suo progettista Giuseppe Valentini, edificio ancora esistente e ornato da un porticato sulla piazza del Comune. L’architettura inglobò anche la vecchia canonica, nella quale furono rintracciati, e recuperati intorno al 1965, l’affresco del Gaddi e la precedente e sottostante Madonna trecentesca.