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Madonna della Cintola e i santi Margherita, Gregorio, Tommaso, Agostino, Raffaele e Tobiolo

Filippo Lippi e Fra Diamante 1456-1466

Audiodescrizione dell'opera

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Nella sezione dedicata a Filippo Lippi e all’Officina Pratese questa pala proveniente dal monastero di Santa Margherita riveste un ruolo decisamente importante in quanto è strettamente connessa non solo alla storia della città di Prato, ma anche alle vicende personali di Lippi. Il dipinto, il cui tema principale è la raffigurazione della consegna della Sacra Cintola della Vergine a san Tommaso - la venerata reliquia che secondo la tradizione si conserva ancora oggi nel duomo di Prato -, ebbe una elaborazione travagliata e lunga dieci anni.

Informazioni tecniche

Autore
Filippo Lippi e Fra Diamante
Titolo
Madonna della Cintola e i santi Margherita, Gregorio, Tommaso, Agostino, Raffaele e Tobiolo
Data
1456-1466
Materia e tecnica
Tempera su tavola
Dimensioni
199x191 cm
Collocazione
Museo di Palazzo Pretorio
Primo piano

La pala commissionata nel 1456 a Filippo Lippi per un altare del monastero di Santa Margherita presenta uno dei temi più cari alla religiosità pratese, la consegna della cintura da parte della Vergine, durante la sua assunzione al Cielo, a san Tommaso. L’identificazione di questa cintura con la Sacra Cintola custodita a Prato è suggerita dal pittore riproponendone nel dipinto il colore e le forme, incluse le cordicelle alle due estremità. La scena è poi arricchita dalla presenza di santi particolarmente venerati nel monastero pratese, stanti o inginocchiati su un prezioso tappeto erboso che potrebbe anche alludere al nome della città. 

La lunga e sofferta elaborazione del dipinto si lega alle complesse vicende personali e amorose tra il frate pittore Filippo Lippi e Lucrezia Buti, giovane monaca costretta dalla propria famiglia fiorentina a prendere i voti nel monastero in cui l’artista era stato chiamato a lavorare, nonché a rivestire il ruolo di cappellano. Fra i due sbocciò l’amore e un anno dopo sarebbe nato il loro primo figlio, Filippino, destinato a diventare un pittore persino più noto del padre. Secondo il biografo cinquecentesco Giorgio Vasari Filippo si sarebbe invaghito di Lucrezia proprio durante l’esecuzione del dipinto, ispirandosi alle fattezze della giovane suora per il volto della Vergine. È invece più probabile che ne ripeta le dolci sembianze la santa Margherita, qui nell’atto di presentare all’Assunta la allora badessa del monastero, Bartolomea Bovacchiesi, raffigurata in dimensioni minori rispetto ai santi, secondo le proporzioni gerarchiche di tradizione medievale. 

Il dipinto, rimasto a lungo interrotto a seguito dell’allontanamento dell’artista dal monastero, fu probabilmente completato intorno al 1466, con ampi interventi di Fra’ Diamante, il principale collaboratore di Filippo. Il suo coinvolgimento è evidente nella minuziosa attenzione alla descrizione dei tessuti, delle perle e dei gioielli, con ricercati effetti tridimensionali, o nella insistita definizione delle erbe del prato. Altre parti vennero invece condotte da collaboratori meno abili, come mostra l’esecuzione rapida e insipida dello sfondo.

Ultimo aggiornamento: 04 ottobre 2024, 16:33

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