Le prime opere di Klein sono i famosi “monocromi blu”: nella sua breve ma significativa carriera egli si contraddistinse per l’uso di quel pigmento che diventò il suo marchio identificativo, brevettando nel 1960 l’IKB (International Blue Klein), una vernice che previene le perdite di brillantezza del colore. Le tele ricoperte dall’IKB si svuotano della materia e diventano immateriali, esemplificando il rapporto tra il pieno e il vuoto.
Klein promosse il rinnovamento dell’arte attraverso il recupero di alcuni capolavori dell’antichità, riproducendoli in gesso e ricoprendoli del suo blu. Così con la Victoire di Samothrace, lo Schiavo di Michelangelo, l’Afrodite Cnidia di Prassitele l’artista si appropria idealmente dei soggetti per renderli liberi dalla materia e dalla tradizione classica, attraverso l’uso dell’IKB.
L'immagine della Nike di Samotracia ha suscitato riflessioni e rivisitazioni soprattutto nel Novecento: nel Manifesto sul Futurismo Filippo Tommaso Marinetti ne esalta il dinamismo della vita moderna e Umberto Boccioni plasma Forme uniche della continuità nello spazio sull'esempio della Nike; anche Salvador Dalí, nel 1968, eseguì Les Deux Nike, la Double Victoire de Samotrace, e Evgenij Vučetičla la rievocò nella Statua della Madre Russia.