L’opera documenta uno dei periodi più interessanti dell’artista pratese, con la ripresa di stretti rapporti di studio e lavoro con l’amico pittore Jean-Auguste-Dominique Ingres, conosciuto un ventennio prima a Parigi alla scuola del David. Ingres visse a Firenze dal 1820 al 1824, restando a lungo ospite dello scultore, prima che i rapporti tra loro si deteriorassero a causa delle stravaganze del Bartolini. I due artisti puntavano al superamento dei canoni neoclassici della bellezza ideale, per una resa più vitale e sensibile delle figure, come mostrano alcune opere condotte in stretta relazione, tra cui quelle commissionate nel 1820-21 dal diplomatico russo conte Nikolaj Gur’ev, che richiese ad Ingres il suo ritratto (opera notevolissima, ora all’Ermitage), e al Bartolini quello della moglie.
Lo splendido modello in gesso conservato a Prato con la dedica: “Bartolini fece e dedicò all’amico Ingres” mostra un carattere fortemente innovativo nella posa disinvolta e naturale della contessa Gur’eva, appoggiata a una roccia, la cui vitalità è accentuata dalla leggera torsione della testa. Un elegante, sottile abito alla moda in Stile Impero, con ampio scollo che lascia scoperte le spalle, avvolge la giovanile figura sottolineandone le forme morbide e palpitanti. Notevole è poi la resa del volto, impreziosito da una collana e dall’acconciatura coi capelli raccolti in uno chignon da cui fuoriescono ordinatamente eleganti boccoli sulla fronte.