Antonio Marini iniziò la sua carriera come pittore di scene mitologiche o storiche, di impostazione neoclassicheggiante, per i palazzi nobili e borghesi di Prato e Firenze; tornato nel 1822 da un viaggio a Vienna, dove aveva lavorato per il principe Esterhazy, ebbe importanti commissioni granducali, e decorò interamente il nuovo teatro Metastasio di Prato (1830). L’amicizia con l’artista Franz Adolf von Stürler lo portò a conoscere i pittori “nazareni” tedeschi operanti a Roma, e ad avviare un’evoluzione della sua pittura verso il Purismo, perseguendo, attraverso una programmatica semplicità delle forme, una ricerca di verità e purezza nella raffigurazione, prendendo a esempio la pittura del Tre-Quattrocento. Per approfondire la conoscenza dei pittori cosiddetti “primitivi” il Marini si dedicò anche al restauro degli affreschi di importanti artisti, in particolare nel duomo di Prato intervenne sulle pitture murali di Agnolo Gaddi e Filippo Lippi.
Tra le opere prodotte a seguito di questa evoluzione, la più apprezzata anche in campo internazionale fu proprio un tondo raffigurante la Madonna del bacio, dipinto nel 1843 per il marchese di Colbert de Maulévrier, una composizione domestica, intima e casta, ispirata alla pittura umbra del tardo Quattrocento. Negli anni successivi il dipinto fu replicato molte volte, anche per committenti stranieri, ma la versione qui esposta era di proprietà dello stesso Marini, tanto che Giulia Nuti, ormai vedova, la volle donare al Comune di Prato affinché fosse esposta nella Galleria, allora collocata in Palazzo Comunale: qui fu allestita in una apposita sala, dedicata a Marini e alla pittura dell’Ottocento. Sulla scia di questa suggestione, oggi all’ultimo piano del museo ammiriamo il dipinto accanto ad un ritratto della moglie, realizzato dall’amico comune Franz Adolf von Stürler, insieme ad altre opere del pittore francese.