Gli episodi principali della Passione di Cristo, in cui alla Crocifissione è riservata la parte centrale del dipinto, sono distribuiti su piani diversi in una narrazione continua, una consuetudine in voga per tutto il Quattrocento ma che ai tempi di Naldini era giudicata ormai attardata e inverosimile. Forse l’artista utilizzò questo genere di composizione tradizionale deliberatamente, visti gli intenti didattici e pietistici che la visione delle scene doveva suscitare, in adesione al clima della Controriforma.
I brani pittorici sono resi particolarmente vivi e drammatici grazie a una cromia quasi visionaria, giocata su tonalità brune e azzurro-rosacee, che mostra echi del Pontormo, suo primo maestro, nonché di Giorgio Vasari, col quale il Naldini collaborò in varie occasioni. L’opera appartiene alla fase matura dell’artista, che si ispira direttamente nel disegno di alcune scene a dipinti romani, certamente visti tra il 1577 e il 1580, come ad esempio il Cristo flagellato di Sebastiano del Piombo e la Pietà di Jacopo Coppi per l’Oratorio del Gonfalone. Anche l’intonazione fredda del colore risente delle opere degli artisti nordici che Naldini ammirò a Roma.
Nello Spedale della Misericordia e Dolce, dal quale provengono, le scene della Passione facevano pendant con un’analoga tavola, purtroppo perduta, raffigurante la Passione dei diecimila martiri: in entrambe le opere il tema della via dolorosa, che può alludere anche al cammino della speranza e della definitiva vittoria, costituiva un’occasione di riflessione e conforto per i malati ricoverati nei letti dell’ospedale.