La pala fu eseguita tra 1572 e 1573 su commissione di Andrea Verzoni e Francesco Guizzelmi, governatori della Compagnia dell'Arcangelo Raffaello, per un altare dell'oratorio che si trovava adiacente alla chiesa pratese di Sant'Agostino, poi sconsacrato e trasformato nel 1794 in abitazione. Si tratta del momento più felice della carriera di Francesco Morandini, successivo alla decorazione del famoso Studiolo di Francesco I in Palazzo Vecchio a Firenze, dietro la regia di Giorgio Vasari e in collaborazione con i pittori cosiddetti “manieristi”.
Con una composizione fresca e semplice, dove le figure dei due protagonisti si stagliano evidenti su un paesaggio costiero solo accennato, il Poppi delinea una scena di serena speranza: l’Arcangelo Raffaele, a cui l’anziano e cieco Tobia si era affidato perché accompagnasse il figlio lungo un lontano cammino per riscuotere dei denari, conduce il giovane Tobiolo sulla via di ritorno verso casa vigilando premurosamente sul ragazzetto che guarda con tenerezza verso lo spettatore. Ammirato da un cagnolino, simbolo di fedeltà, l’arcangelo tende in avanti il vaso contenente la miracolosa bile che potrà guarire dalla cecità il padre di Tobiolo, mentre quest’ultimo afferra il pesce da cui quelle viscere sono state estratte. L’attenzione dell’osservatore però viene attratta dai ricchi ornamenti delle vesti, esaltate da ricami in perle, da accostamenti cromatici sofisticati, e da arditi cangiantismi che esaltano la sinuosità dei corpi, quasi danzanti. La capacità eclettica del Poppi è qui magistralmente documentata nella personalissima sintesi delle lezioni del grande manierismo fiorentino: sono presenti le pose leggiadre e le vesti sbuffanti di Andrea del Sarto, i virtuosismi nelle cromie acide di Pontormo, le chiome vibranti peculiari di Rosso Fiorentino.
Nell’esiguo numero di opere sopravvissute di Poppi è un fatto eccezionale che a Prato oltre a questa tavola si trovino altri dipinti del maestro, come la bella pala col Crocifisso adorato da San Tommaso e dai Santi Paolo e Antonio, realizzata nel 1590 per la chiesa di San Domenico, e un’altra grande Crocifissione attribuita a lui e alla sua bottega, proveniente dal soppresso chiesino di San Jacopo e oggi esposta in Palazzo Comunale.