Giovanni Domenico Ferretti si era formato nei primi del Settecento alla prestigiosa scuola bolognese condotta dagli allievi di Giovan Gioseffo dal Sole. Tornato in Toscana divenne negli anni Venti uno dei pittori più richiesti dell’intero Granducato, ottenendo anche incarichi presso la corte medicea.
Nell’Annunciazione di Prato è apprezzabile la dinamica composizione ascensionale, nella quale si fondono classicismo toscano e naturalismo emiliano. Il miraggio di una realtà immateriale e ultraterrena è reso con una composta tensione verso l’aldilà: la vita eterna viene mediata dall’apparizione di Gabriele, e si manifesta attraverso il raggio di luce che squarcia il buio intorno a Maria, mentre Dio Padre assiste dall’alto, inviando lo Spirito Santo.
Nella resa delle figure si distinguono il candore degli svelti panneggi dell’angelo, il rosa e il celeste nelle vesti e nel carnato della Madonna, e in generale i caratteristici volti larghi e tondeggianti dei protagonisti, dotati della piacevolezza tipica di Ferretti. Con questi suoi teneri monocromi l’opera anticipa la serie di tele con Storie di Santa Caterina che l’artista realizzerà a Prato intorno al 1735 per il convento dei santi Vincenzo e Caterina de’ Ricci. Fra le altre commissioni pratesi di Ferretti si ricordano gli affreschi per la cappella del Crocifisso in san Bartolomeo, purtroppo andati distrutti a seguito del bombardamento della chiesa nel 1944.