Allievo prima di Jacopo Ligozzi, poi di Matteo Rosselli, Mario Balassi divenne aiuto pittore di Domenico Cresti detto il Passignano, con cui collaborò a Roma. Qui rimase fortemente suggestionato dai capolavori eseguiti da Caravaggio e dall’arte più classicista di Poussin. Balassi viaggiò poi a Vienna, in Friuli, quindi a Venezia, prima di tornare intorno al 1637 a Firenze. Subito dopo questi viaggi, che avevano reso ancor più eclettica la sua formazione, l’artista ottenne a Prato, grazie alla famiglia Cicognini, un’importante commissione: la pala d’altare per il nuovo santuario della Pietà. Questo suo lavoro però non piacque a molti pratesi, per i quali lo sconosciuto artista era poco più che un “rasciugapennelli”. Qualche anno più tardi la sua fama doveva invece essere notevolmente cresciuta, se ottenne ben 400 scudi per questa pala, dipinta tra il 1644 e il 1647 per l’altare dei Modesti in San Francesco.
Il dipinto ricorda il miracolo operato da san Nicola da Tolentino quando questi, ammalato e quasi infermo sul letto, rifiuta di mangiare le due starne nel piatto e, per la sua gentilezza d’animo, piuttosto le resuscita, mentre una folla assiste sbalordita alla scena. L’articolata composizione, concitata e un po’artificiosa, conserva alcuni elementi derivanti dal suo maestro Ligozzi (nella tavola imbandita, nella preziosa brocca e nel gatto, e in certe lumeggiature), ma mostra soprattutto gli influssi assorbiti nel soggiorno romano, specialmente nel trattamento del fondo dalla preparazione bruna o nei forti contrasti, oltre che in alcune pose (l’uomo con le braccia alzate richiama una delle figure della Deposizione di Caravaggio oggi alla Pinacoteca Vaticana).
L’apprezzamento per questa pala è dimostrato da altre commissioni affidate al Balassi dopo l’elevazione di Prato a Diocesi e Città nel 1653: i suoi due dipinti per il Palazzo Comunale, Madonna con San Domenico e San Giuseppe col Bambino, sono oggi esposti in questa stessa sala.