I dipinti, attribuiti a Jan Brueghel dei Velluti da Roberto Papini (1912) ricevettero la corretta attribuzione a Jan Van Kessel il Vecchio da Giuseppe Marchini (1958). Già Papini aveva però notato la notevole somiglianza con alcuni dipinti analoghi, facenti parte della Galleria Doria Pamphilij a Roma: dipinti oggi riconosciuti senza dubbio come opera di Kessel.
Con il nonno, nella cui bottega dovette crescere e imparare l’arte (ma forte su di lui fu anche l’influenza di Daniel Seghers) Jan condivideva il repertorio naturalistico e il grande favore da parte di collezionisti. Il successo, attestato dalla presenza di molte di queste opere su rame nelle collezioni italiane fra la fine del Seicento e gli inizi del Settecento, rispondeva certo al gusto dei contemporanei per la descrizione minuta e precisa, in ordine agli interessi naturalistici di molti dei collezionisti, ma anche al senso di grande decoratività di tali pitture.
Anche i Medici a Firenze collezionarono opere di questo genere: dal cardinale Don Lorenzo al Granduca Cosimo III, che fece i suoi acquisti recandosi, giovanr principe, nelle Fiandre e in Olanda. Ma fu a Roma che la presenza di tali rametti, che talora è difficile decidere se attribuirli ai maestri o alla loro botteghe, fu elemento distintivo e ineludibile di ogni grande quadreria settecentesca.
Non è quindi un caso che tali opere provengano dalla cosiddetta Galleria Martini, una raccolta donata all’Ospedale di Prato e formata secondo i criteri e il gusto della quadreria romana del XVIII secolo.