Il dipinto dovrebbe risalire al soggiorno del napoletano Battistello Caracciolo a Firenze presso la corte granducale medicea, avvenuto fra la fine del 1617 e l’inizio del 1620. L’opera collega con eccezionale sintesi la prima carriera di Battistello, quella di fautore e maestro della grande scuola caravaggesca napoletana, e la seconda, quando dopo le imprese itineranti di Roma, Genova e Firenze divenne esponente di un tenebrismo addolcito da quelle esperienze.
L’episodio narrato nel Vangelo di Giovanni mostra l’incontro della Maddalena e di Gesù dopo la sua Resurrezione: la Maddalena nel giardino del sepolcro vuoto viene colta dall’improvvisa apparizione di Cristo, il quale, non riconosciuto e anzi scambiato per "il custode del giardino", chiede di non esser avvicinato o trattenuto dalla donna, perché trasformato dalla Resurrezione. Prestando attenzione alla mano sinistra, protesa a bloccare l’avanzare della Maddalena, è interessante notare il “pentimento” del dito del Cristo, che in un primo momento l’artista aveva realizzato più in alto. Le figure dalle pose bloccate nel vuoto, che si stagliano sullo sfondo scuro, danno vita ad un dialogo di gesti che si oppongono su piani paralleli destinati a non incontrarsi, caricando la scena di rara drammaticità. Tra i due personaggi non esiste una vera comunicazione, ma solo un gioco di sguardi, anche se sembrano continuamente sul punto di sfociare in un contatto, come dimostra l’avvicinamento azzardato tra i capelli della Maddalena e il corpo apparso davanti a lei, splendente perché inondato di luce.
Il punto di vista ideale dello spettatore, dettato dalla posizione della testa della Maddalena vista di “sotto in su”, insieme al formato orizzontale del quadro, fanno pensare a un’originale concezione del dipinto come quadro sovrapporta. È ancora ignota infatti la destinazione iniziale dell’opera: certo è che arrivò nelle collezioni civiche nel 1933 dallo Spedale di Misericordia e Dolce.