Moltiplicazione dei pani e dei pesci Pervenuta al museo grazie al lascito testamentario del 2011 della nobildonna fiorentina Angela Riblet Bargagli Petrucci, insieme alle due opere di Alessandro Allori che la affiancano, questa tavola con la Moltiplicazione dei pani e dei pesci fu commissionata a Santi di Tito da Geri Spini per ornare l’altare della sua cappella di famiglia nella residenza di campagna a Peretola, nella periferia di Firenze. Il tema della fertilità della terra, a cui alludono i tre dipinti, è una precisa scelta iconografica legata all’attività della villa-fattoria detta Palagio degli Spini. In questo dipinto, realizzato nel 1603, è raffigurato l’episodio evangelico che per antonomasia è dedicato alla prosperità e all’abbondanza. In primo piano, Gesù, con veste rosa e manto azzurro, ha tra le mani del pane. Accanto a lui, a destra, un apostolo lo guarda compiaciuto mentre sostiene altro pane. A sinistra, un altro apostolo si china su un piccolo garzone a cui viene affidata la cesta dei pesci da portare alla moltitudine seduta speranzosa in secondo piano e in lontananza. Alle loro spalle si apre un paesaggio di grande impatto luminoso e di raggiante estensione: si scorgono un porto, un golfo e una catena montuosa. L’opera, che sembrava irrimediabilmente compromessa dopo l’alluvione fiorentina del 1966, è stata sottoposta ad adeguati restauri che hanno riportato la pellicola pittorica all’originale consistenza luminosa, con dolci stesure e pacatezza espressiva tipica del periodo tardo della carriera dell’artista, la cui firma è tornata visibile in basso: «SANTI DI TITO TITI F 1603». Quest’opera è stata interpretata come una sorta di testamento artistico del pittore, che sarebbe morto poco dopo la conclusione del lavoro.