Arlecchino con mandolino Tra le opere più suggestive esposte al terzo piano spicca Arlecchino con mandolino, articolato rilievo in gesso realizzato nel 1920 da Jacques Lipchitz, figura fondamentale del movimento cubista e delle avanguardie del XX secolo. Qui il famoso personaggio di Arlecchino è restituito in una versione anatomica molto semplificata, dalle forme spigolose e asimmetriche, senza proporzioni canoniche. Il volto è schiacciato e composto da due piani sovrapposti. Della maschera sono riconoscibili i rombi tratteggiati solo sulla superficie di una spalla e di un’anca, mentre il mandolino è al centro della composizione e si fonde col resto del corpo. Non ne vediamo le mani e i piedi sono solo abbozzati nel gesso. Questa scultura cubista, dedicata all’arte e alla musica, ben riporta l’influsso dei colleghi Pablo Picasso, Georges Braques e Juan Gris, con i quali Lipchitz aveva anche collaborato nel 1917, nel passaggio dalla scoperta dell’arte primitiva alla pura stilizzazione formale. Le opere di Jacques Lipchitz sono esposte nei maggiori musei del mondo, ma in Italia è il Museo di Palazzo Pretorio a possederne l’insieme più considerevole. Nel 1974, pochi mesi dopo la morte dell’artista, la vedova Yulla Lipchitz venne a Prato con Henry Moore per assistere all’inaugurazione della sua scultura Forma squadrata con taglio collocata in piazza San Marco. Yulla rimase molto colpita dall’interesse per l’arte dimostrato dalla città e ipotizzò la possibilità di donarle una parte della gipsoteca del marito. Tale proposito si è concretizzato nel 2011 grazie al collezionista pratese Giuliano Gori e allo storico dell’arte Kosme de Barañano, che hanno contribuito ad allacciare i rapporti tra il Comune di Prato e Fondazione Lipchitz.