Vinicio Berti In questa stanza, adibita a sala conferenze, è esposto un gruppo di dieci opere dell’artista fiorentino Vinicio Berti, scomparso nel 1991. I dipinti provengono da una donazione fatta dalla sua erede Maria Pia Liberia Pini al Comune di Prato nel 2007 col vincolo che fossero esposti in un luogo aperto al pubblico. I dieci quadri sono realizzati con tecniche miste, olio o acrilico su tela, su compensato oppure su pannelli in fibra di legno, talvolta anche con l’uso del collage. Hanno colori particolarmente sgargianti che emergono dalle spesse linee tracciate perlopiù a pennellate nere e sono disposti in ordine cronologico, a testimoniare l’evoluzione dello stile pittorico di Berti. La prima di queste opere, intitolata “Realtà nuova”, è un esempio di arte non figurativa: linee di colore verde, arancio, bianco e nero sono raggruppate in diagonali e si intrecciano come a formare una specie di tessitura. Questo dipinto è del 1950, anno in cui l’artista collaborò alla pubblicazione del “Manifesto dell’Astrattismo classico”. Dopo quel momento iniziò la sua fase di ricostruzione all’interno dell’Astrattismo, inserendo nelle opere la dimensione della contemporaneità, anche con carattere di denuncia. Ne è un esempio “AHHH”, uno dei dipinti ispirati dal dramma di Hiroshima: qui, la lettera “A” di Atomo e le tre “H” di Idrogeno, tracciate a spesse pennellate rosse che si stagliano su uno sfondo giallo e che sembrano dover essere strette in una morsa dentata bianca e nera, diventano espressione di un “urlo atomico”. In seguito, negli anni Ottanta, Berti si dedicherà all’esperienza del ciclo “Guardare in alto”, una sorta di testamento spirituale dove la raffigurazione di edifici che tendono vertiginosamente verso il cielo suscita l’idea del continuo divenire: di tale serie sono qui esposti “Guardare in alto (lucidamente)”, “Guardare in alto (faticosamente)” e “Guardare in alto (grandiosamente)”, dipinti unicamente con linee di colore nero e bianco.