Ripudio di Agar Ci troviamo di fronte a un dipinto, olio su tela, realizzato da Mattia Preti, detto il Cavalier Calabrese per la sua origine e per i titoli meritati negli anni della sua attiva carriera a Roma, ed è databile al 1635-1640. In una tela rettangolare di 182 centimetri di altezza per 233 centimetri di lunghezza, l’opera racconta l’episodio biblico di Abramo che scaccia la schiava Agar e il loro figlio Ismaele. L’artista articola una scena complessa e densa, animata da un forte sentimento drammatico, nella quale il deciso luminismo fa emergere i soggetti principali: a sinistra, l’anziano Abramo, con la lunga barba e lo sguardo serio e deciso, addita Agar, di spalle, a destra, affiancata dal piccolo Ismaele, suo figlio, in penombra. La figura di Agar colpisce per la sua dinamicità: dato il movimento repentino della testa, una ciocca di capelli sembra sospesa in aria, così come la sciarpa che tiene sulle spalle, come immortalata in un fermo immagine mentre Agar si volta verso Abramo un’ultima volta. Dietro ad Abramo, emerge appena dalla penombra sua moglie Sara, con il volto compiaciuto. In basso, il loro primogenito riccioluto Isacco che osserva la scena. Il soggetto della cacciata di Agar e Ismaele nel deserto da parte di Abramo, spinto dalla moglie Sara ormai certa della discendenza in Isacco, fu più volte proposto dal pittore, anche in forme non dissimili; la composizione pratese appare comunque la più ricca e studiata della serie, e le sostanziali varianti escluderebbero che si tratti di una copia di bottega, anche se l’intervento di collaboratori dell’artista resta comunque possibile. Le ultime ricerche condotte sul dipinto indicano una sua provenienza romana, in particolare dall’abitazione privata di Monsignor Giuseppe Vaj che, privo di discendenza diretta, lasciò eredi del suo patrimonio i Vaj di Prato sul finire del XVIII secolo.