Anticamera della Cappella, i dipinti
Antonio Marini
Santa Caterina de’ Ricci che appare a San Filippo Neri, part.
La tela raffigurante S. Filippo Neri e S. Caterina de’ Ricci fu commissionata al pratese Antonio Marini nel 1847, in occasione del centenario della canonizzazione della santa pratese (1746). In ricordo della stessa santificazione è la Santa Caterina de’ Ricci, copia da Lorenzo Lippi e dipinta dal pratese Stefano Gaetano Neri nel 1749, voluta dal Comune, perché fosse posta nel Salone insieme agli altri dipinti dei santi protettori e che fu poi collocata nella prima Cappella di Palazzo. Il Neri conferma in questa opera le sue buone doti di copista, riprendendo l’analoga composizione di proprietà del vescovo Scipione de’Ricci, parente della santa di Prato, che prese i voti e visse nel monastero di san Vincenzo Ferrer, dove ancora sono conservate le sue spoglie.
Santa Caterina fu sempre molto venerata ed ebbe un ruolo determinante in città sia dal punto di vista religioso che culturale. L’intensa vita spirituale la portò ad intrattenere una ricchissima rete di conoscenze attraverso le sue note relazioni epistolari con grandi personalità del tempo, come San Filippo Neri, San Carlo Borromeo, Santa Maria Maddalena de' Pazzi, e la famiglia granducale dei Medici, in particolare con Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo I, e le rivali Giovanna d'Austria e Bianca Cappello, prima e seconda moglie di Francesco I. Si riferisce al periodo mediceo anche la Santa Caterina d’Alessandria, nelle probabili sembianze di Vittoria della Rovere, moglie del granduca Ferdinando II de’Medici, dipinto attribuito a Giovan Pietro Naldini.
La Visitazione con San Giuseppe e San Zaccaria proviene dall’Oratorio di Sant’Elisabetta, anticamente situato nei pressi della chiesa di Sant’Agostino. Il dipinto murale fu ritrovato nel 1926 in seguito ai lavori di demolizione dell’edificio posto nel luogo dove si trovava la piccola chiesa, soppressa nel 1783. Nel 1927 la pittura fu staccata dalla parete e collocata in questa sala dal restauratore Giuseppe Dini. Attribuito a Fra’ Diamante da Paolo Benassai, l’affresco ha subito un recente restauro, che ha contribuito a evidenziare l’armonia della composizione e la solennità dell’incontro con le quattro figure, dai panneggi ampi e avvolgenti, che si stagliano in uno spazio definito e segnato da particolari architettonici. Il recupero della superficie pittorica originale ha permesso di percepire quelle che erano gradazioni e sfumature di colore e l’elegante gamma cromatica giocata sui toni dell’ocra e dell’azzurrite.