Informativa e consenso per l'uso dei cookie

Il nostro sito salva piccoli pezzi di informazioni (cookie) sul dispositivo, al fine di fornire contenuti migliori e per scopi statistici. È possibile disattivare l'utilizzo di cookies modificando le impostazioni del tuo browser. Continuando la navigazione si acconsente all'utilizzo dei cookie. Accetto

Sei in:

Sant'Antonio Abate e due angeli oranti

La lunetta proveniente dall’Oratorio di Sant’Antonio Abate documenta la stagione più felice di Andrea della Robbia, dopo le imprese pratesi degli anni precedenti: la lunetta del portale del Duomo (1489), e gli Evangelisti nella vicina Santa Maria delle Carceri (1491). Si tratta di un coronamento esterno estremamente raffinato, con echi della pittura di Andrea del Verrocchio e argute intonazioni psicologiche a cui è possibile comparare i coevi lavori di Filippino Lippi.

Il passaggio di Donatello, chiamato a Prato con Michelozzo per l’impresa del pulpito esterno del Duomo nel 1428, portò ad altre grandi committenze per scultori come Antonio Rossellino, Mino da Fiesole, Benedetto da Maiano e Andrea della Robbia. Quest’ultimo in particolare ebbe negli anni Novanta del Quattrocento un periodo di incredibile attività a Prato, culminato nella decorazione del portale esterno dell’Oratorio di Sant’Antonio Abate. Un’opera per una chiesa solo apparentemente “minore”, visto che la committenza proveniva dalla potente famiglia dei Ginori, come evidenziato  dallo stemma presente nella cornice in pietra serena.

L’asciuttezza della composizione, interamente incentrata su Sant’Antonio e due angeli laterali, testimonia la mano del maestro in molti elementi: la sicura scorrevolezza dei ritmi delle vesti, la serena autenticità umana nel volto intenso di Sant’Antonio, che sembra condursi oltre la quarta parete dello spettatore. I due angeli, ormai emancipati dai modelli scultorei, attingono con coraggio dallo sfumato di Verrocchio e Leonardo e dalla linea guizzante di Filippino Lippi (artista con cui Andrea condivideva gli ideali religiosi propugnati da Fra’ Girolamo Savonarola).

L’intera scena viene resa compatta non solo dall’inconfondibile fondo azzurro delle terracotte invetriate robbiane, ma da una corona circolare di festoni di frutta, da cui gli agrumi emergono in tutto il proprio vigore cromatico, vivacizzando il candore delle fasciature di raccordo, in una fresca sintesi di elementi plastici.