Filippo Lippi e l'Officina Pratese
Filippo Lippi, Storie di San Giovanni Battista, particolare con Salomè che danza, 1453-1466.
Prato nel Quattrocento ebbe un ruolo cruciale nella storia dell'arte: intorno alla fabbrica del Duomo presero forma imprese memorabili, fra gli episodi più affascinanti del primo Rinascimento, grazie ad artisti di prima grandezza.
Nel 1428 Donatello e Michelozzo furono chiamati a realizzare il magnifico pulpito per l'ostensione della sacra cintola e poco dopo Paolo Uccello fu incaricato di decorare la cappella dell'Assunta. Ma l'anno cruciale fu il 1452, quando a Filippo Lippi - il pittore prediletto dai Medici - venne affidato il compito di affrescare la cappella maggiore con il ciclo di Santo Stefano e San Giovanni, il suo capolavoro. Un nuovo teatro degli affetti esplose su quei muri: l'uso audace e sapiente del colore, la straordinaria bellezza dei volti e delle figure, la capacità di trasmettere emozioni fecero di Filippo un eccezionale narratore di storie, un precursore dei grandi maestri dell'arte del Cinquecento, a cominciare da Michelangeloe da Leonardo, alle cui sperimentazioni nella tecnica dell'affresco egli preparò il terreno, proprio a Prato.
La gestazione degli affreschi del Duomo fu lunga e tormentata, soprattutto per lo scandalo suscitato dall'amore tra il monaco pittore e suor Lucrezia Buti, dal quale nacque Filippino.
Filippo rimase a Prato fino al 1467, lasciando invenzioni bellissime anche in altre opere, come le tre splendide pale della collezione del Museo: la Madonna del Ceppo realizzata per Palazzo Datini, la Madonna della Cintola dipinta per il monastero di Santa Margherita dove conobbe Lucrezia Buti, la Natività per il convento di San Domenico. Da citare anche altre due opere pratesi di Filippo: il potente Transito di San Gerolamo che oggi si può ammirare nel Museo dell'Opera del Duomo e la Presentazione al tempio nella chiesa dello Spirito Santo.
Dagli anni '50 del XV secolo la committenza pratese dette notevole impulso anche all'attività di artisti formatisi nella sua bottega: prima il Maestro della Natività di Castello, poi Fra Diamante, infine Filippino, il più grande dei pittori pratesi.
In quella che all'inizio del Quattrocento era un'industriosa cittadina toscana, molto attiva nel commercio e nella follatura dei panni, grazie a Filippo e agli altri Maestri si gettarono così le basi per un radicale rinnovamento dell'arte italiana. Secondo Keith Christiansen, tra i maggiori esperti d'arte rinascimentale al mondo, “non si può capire il Rinascimento, senza conoscere Prato”.