Satiro con aulos
Audiodescrizione
Ci troviamo davanti a un frammento di kylix a figure nere, ovvero una coppa da vino dell’antica Grecia, utilizzata durante i banchetti, che si distingueva per la sua peculiare forma, con una vasca bassa ed espansa, e decorata all'interno e all'esterno con scene mitologiche o di vita quotidiana, dipinte con vernice nera su sfondo rosso.
Questo reperto probabilmente risale all’ultimo ventennio del VI sec. a. C.. È stato rinvenuto in un ambiente domestico dell’Edificio 1 del Lotto 14, nell’insediamento etrusco di età tardo-arcaica di Gonfienti.
L’esterno del frammento qui esposto è interamente verniciato. All'interno, nel tondo centrale, risparmiato, si conserva parte di un satiro di profilo, volto verso destra, nell’atto di suonare con tutta probabilità il doppio flauto (in greco aulos). La chioma, molto fluente, ricade sulle spalle fino al di sotto delle scapole; la barba, anch'essa molto lunga, copre interamente la parte superiore del torace. Dal punto di vista iconografico, il focus della narrazione sono le guance del Satiro, gonfiate nell’atto di suonare e rese con una fitta serie di linee che si dipartono a raggiera dalle labbra.
La scena evoca il mito dell’invenzione del doppio flauto (aulos) da parte di Atena, da cui prenderà avvio la tragica vicenda del satiro frigio Marsia. La dea, infatti, dopo aver provato a suonare lo strumento, vedendosi riflessa in uno specchio d’acqua, si rese conto che l’impegno necessario per produrre il suono deformava i tratti del suo volto, quindi lo gettò via. Il doppio flauto fu raccolto da Marsia, che imparò a suonarlo così bene da vantarsi di poter suonare meglio di Apollo. Osò infatti sfidare la divinità in un agone musicale in cui Apollo fu decretato vincitore dalle Muse perché poteva cantare mentre suonava la cetra, cosa che non era possibile fare con l’aulos. Il dio, allora, decise di punire il satiro per la sua superbia e, legatolo a un albero, lo scorticò vivo.
L’esito della contesa ne evidenzia il significato simbolico, ossia il contrasto tra strumenti a fiato e strumenti a corda; questi ultimi erano ritenuti superiori, perché con l’aulos il valore educativo del canto veniva meno e, per di più, suscitava nell’animo le passioni invece di placarle e, per questa ragione, era considerato lo strumento della trance, spesso associato a culti di origine orientale, in particolare a quello di Dioniso e alle sue processioni scomposte e orgiastiche.
Nel mondo greco di età classica, infatti, gli strumenti a fiato come l’aulos, che per essere suonati storcevano viso e atteggiamento dei musicisti, erano banditi dagli agoni e dalle gare musicali, perché contrapposti alla compostezza del suono prodotto da strumenti a corde, come la cetra di Apollo, divinità che incarna e diffonde ordine, urbanità e armonia.
Ultimo aggiornamento: 13 dicembre 2024, 15:19